1.EDITORIALE

Dall’8 al 10 settembre, a Napoli, si é tenuto il Congresso IIEM – Incontri Italiani di Endocrinologia e Metabolismo, cui il Presidente Health City Institute, Professor Andrea Lenzi, ha partecipato con la lettura inaugurale “L’Endocrinologo: il medico della città malata”.

Il rapido e consistente aumento demografico mondiale, iniziato nel 19° secolo e tuttora in corso, si è accompagnato a un fenomeno di concentrazione della popolazione nelle città. Fin alla seconda metà del 19° secolo in tutti paesi del mondo la maggioranza della popolazione era rurale, viveva cioè sparsa in insediamenti minori distribuiti su ampi territori, mentre il fenomeno urbano era assai limitato e le grandi città erano un’eccezione. Negli ultimi due secoli, con lo sviluppo dell’industria e dei servizi così come con il miglioramento delle condizioni di igiene e salute, il processo di inurbamento della popolazione si è andato intensificando. Secondo i calcoli della Divisione popolazione delle Nazioni Unite, nel 1950 ogni 100 abitanti del pianeta solo 29 vivevano in aree urbane. Nel 1990 questa quota era salita al 45% e la popolazione urbana era più che triplicata, giungendo a 2,4 miliardi. Nel 2009 la popolazione urbana mondiale ha superato quella rurale. Oggi vivono in aree urbane circa tre miliardi e mezzo di persone. Intorno al 2030, quando la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere gli otto miliardi, si calcola che cinque miliardi risiederanno in città.

Fino verso la metà del secolo scorso la forte crescita delle città caratterizzò soprattutto i paesi economicamente più sviluppati, mentre in quelli meno sviluppati la popolazione era ancora prevalentemente rurale. Oggi invece, mentre l’urbanizzazione rallenta nei paesi di antica industrializzazione dell’Europa e dell’America settentrionale, essa è in forte crescita nel Sud del mondo. Stiamo entrando dunque in una fase in cui la popolazione rurale resterà pressoché stazionaria nei paesi sviluppati, mentre continuerà a diminuire in quelli meno sviluppati. Ciò farà sì che quella urbana continuerà a registrare una forte crescita su scala mondiale. Nel 1950 l’agglomerato urbano più grande del mondo era New York, con 12,3 milioni di abitanti. Nei primi dieci posti si collocavano altre cinque aree metropolitane occidentali (Londra, Parigi, Mosca, Ruhr, Chicago), tre asiatiche (Tokyo, Shanghai e Calcutta) e una sudamericana (Buenos Aires). Oggi, se consideriamo le 21 agglomerazioni che hanno più di 10 milioni di abitanti, le cosiddette megacittà, le città occidentali sono solo New York (in 6° posizione) e Parigi (21°). Un tema su cui si concentrerà il lavoro della Cattedra UNESCO sull’Urban Health, istituita presso Sapienza proprio in questo 2022.

La città è, quindi, un simbolo dello sviluppo umano e molteplici sono gli esempi storico-culturali che pongono importanti centri urbani come emblemi dell’evoluzione sociale, fino ai nostri giorni. Oggi la città, reduce da una lunga serie di mutamenti sociali, urbanistici, economici e tecnologici si trova a svolgere una funzione sempre più complessa, diversa da quella attribuita da visioni tradizionali. Il concetto di “città globale” è simbolo di un nuovo tempo, nell’era delle interconnessioni e degli equilibri precari. Le global cities, viste come centri urbani dal forte valore simbolico e tecnologico, ridefiniscono il nostro modo di abitare, di vivere e pensare la città. Gli interrogativi e le opportunità riguardo il futuro sono molteplici, le possibilità interpretative sono attualmente aperte a scenari sia distopici sia utopici.

È il caso di Telosa, la città del futuro che arriverà (forse) tra dieci anni, aggiungendosi alla lista delle utopiche città del futuro: nata dall’idea di un miliardario statunitense, Marc Lore, che vuole realizzare una metropoli sostenibile, pulita e inclusiva, in grado di “stabilire un nuovo standard di vita urbana, espandendo il potenziale umano e diventando un modello per le generazioni future”. Anche il nome evoca grandiosità: deriva dal termine greco telos, che significa “fine, scopo, obiettivo”.

Si può ideare un piano perfetto e coerente ma poi bisogna anche attuarlo, completando una serie di processi e tessendo relazioni. La pianificazione di una città ideale non è fatta solo di interventi urbanistici, bensì è il risultato una combinazione di politiche pubbliche, tra cui quelle di salute rivestono un ruolo e una posizione prioritari, e di interazioni multidisciplinari e multilivello.

Riflettere sul ruolo delle città globali fa emergere molti quesiti relativi sia al disegno della città che alla governance di quest’ultima. Quali sono le principali forze economiche e politiche che danno forma alle società urbane? In che misura è possibile contribuire a gestire la relazione tra crescita urbana e disuguaglianza, attraverso una pianificazione attenta delle politiche per la salute? Che impatto ha la forma urbana sui determinanti di salute, su produttività, ambiente e integrazione sociale? 

Lo sviluppo sostenibile non potrà essere raggiunto senza trasformare in modo significativo il modo in cui concepiamo e costruiamo le politiche per la salute all’interno dei nostri spazi urbani.