AREE INTERNE: URGE IL RAFFORZAMENTO DELLA SANITÀ TERRITORIALE, SIA PRIORITÀ POLITICA. PRESENTATO L’INTERGRUPPO PARLAMENTARE

“La nuova sanità territoriale, le emergenze e le aree interne”, è questo il titolo del Convegno che si è svolto il 18 Luglio u.s. presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica, su iniziativa del Sen. Guido Quintino Liris. Un’occasione importante per riflettere sulle necessità delle aree interne, che rappresentano una parte molto consistente del nostro Paese, anche alla luce di quanto previsto nel PNRR rispetto allo sviluppo della nuova rete di sanità territoriale. Un punto questo su cui è importante richiamare l’attenzione di tutti gli attori coinvolti, a partire dalle istituzioni, affinché il tema si ponga fermamente quale priorità dell’agenda politica. Il Convegno è stato l’occasione per la presentazione dell’Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne. Presidenti dell’Intergruppo sono il Sen. Guido Quintino Liris, Membro della 5ª Commissione permanente del Senato (Bilancio) e la Sen. Daniela Sbrollini, Senatrice, Vice Presidente 10ª Commissione permanente del Senato (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale).

Una parte preponderante del territorio italiano si connota per un’organizzazione spaziale fondata su “centri minori”, spesso di piccole dimensioni. Per “aree interne” si intendono i territori del paese più distanti dai servizi essenziali (quali istruzione, salute, mobilità), una realtà che riguarda oltre il 60 per cento del territorio nazionale, 4.000 comuni con 13 milioni di abitanti, il 22,7 per cento della popolazione italiana, territori a forte rischio di spopolamento demografico, con una mobilità giovanile elevata e una ridotta natalità, e dove la qualità dell’offerta dei servizi è spesso limitata, con una popolazione non nativa digitale e con fragilità formativa. Dal punto di vista dell’istruzione questi territori incontrano spesso forti problematiche, che acuiscono la tendenza allo spopolamento. L’offerta educativa è compromessa dalle difficoltà di spostamento e dalla tendenza alla forte mobilità degli insegnanti. Oltre l’80 per cento dei comuni nelle aree interne non ha nessuna scuola superiore statale e il 39 per cento non ospita neanche una scuola media.

Nella definizione di aree interne marginali si comprendono anche realtà montane e le piccole isole, che risultano poco connesse con i centri di erogazione dei servizi primari.

https://politichecoesione.governo.it/it/politica-di-coesione/strategie-tematiche-e-territoriali/strategie-territoriali/strategia-nazionale-aree-interne-snai/le-aree-interne-2021-2027/

Le aree interne marginali vivono spesso una situazione di isolamento in termini di accesso ai servizi essenziali. Per poter definire quali comuni ricadono nelle aree interne marginali, si identificano i comuni “polo”, cioè realtà che offrono contemporaneamente (da soli o insieme ai confinanti), un’offerta scolastica secondaria superiore articolata (cioè almeno un liceo – scientifico o classico – e almeno uno tra istituto tecnico e professionale), almeno un ospedale sede di d.e.a. I livello e una stazione ferroviaria almeno di tipo silver. Nella classificazione delle aree interne (aggiornata dal Cipess nel 2022) i comuni che distano meno di 27,7 minuti dal polo più vicino si definiscono “cintura”; quelli che distano oltre i 27,7 minuti rientrano nelle aree interne, che si suddividono a loro volta in 3 categorie, sempre in base alla distanza dal polo: comuni intermedi (che distano tra 27,7 e 40,9 minuti), comuni periferici (tra 40,9 e 66,9 minuti), comuni ultraperiferici (oltre 66,9 minuti).

La mancanza di opportunità spinge spesso la parte più intraprendente della popolazione ad andarsene e questo rende i territori marginali sempre meno interessanti, sempre più abbandonati a sé stessi. A restare sono soprattutto gli anziani e coloro che più faticano a trovare alternative. Nei comuni periferici e ultraperiferici oltre un residente su 4 ha almeno 65 anni. Si calcola che nelle aree interne marginali risiedono circa 1,5 milioni di cittadini con diabete. Di conseguenza, cresce in questi territori il bisogno di Stato sociale, mentre diminuiscono le risorse per darvi risposta. I territori abbandonati diventano più fragili, e il loro dissesto diventa causa di calamità e di emergenze, specie oggi con gli eventi estremi sempre più frequenti (es. piogge torrenziali, inondazioni e frane, siccità e incendi). Guardando questi territori, abbiamo conferma del fatto che ascoltare il grido della terra significa ascoltare il grido dei poveri e degli scartati, e viceversa: nella fragilità delle persone e dell’ambiente riconosciamo che tutto è connesso, che la ricerca di soluzioni richiede di leggere insieme fenomeni che spesso sono pensati come separati. In questi territori l’esistenza di presidi sanitari diffusi è un punto cruciale, che si collega alle politiche di prossimità legate alla difficoltà dei collegamenti, alla lontananza dai servizi essenziali e al progressivo invecchiamento della popolazione e delle malattie croniche non trasmissibili.

«Il PNRR identifica nello sviluppo della nuova rete di sanità territoriale un punto di sostegno alle politiche di riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili – dichiara il Sen. Guido Quintino Liris, Presidente dell’Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne, Capogruppo della 5ª Commissione permanente del Senato (Bilancio) – Il nuovo scenario emergente si basa sulla concezione della spesa sanitaria non più come costo, ma come investimento, scardinando un preconcetto che ritiene la spesa stessa incompatibile con gli equilibri finanziari del Paese. L’identificazione delle sfide finanziarie nel perseguire gli obiettivi di sanità territoriale deve essere assicurata in combinato disposto con la qualità delle cure e la prevenzione in ognuno dei singoli territori. Prevenzione, territorio e prossimità diventano, quindi, le parole chiave per costruire una Sanità sempre più vicina e aderente ai bisogni della popolazione, in un contesto di progressivo invecchiamento della popolazione e contestuale aumento delle aspettative di qualità di vita. Risulta strategico, pertanto, lavorare per potenziare la Sanità territoriale nelle aree interne, affrontando il tema in termini di investimenti in ricerca, assistenza e cura del paziente. I bisogni sanitari e la popolazione cambiano, ma il paziente resta al centro dell’attenzione insieme al suo sistema familiare in una condizione circolare di benessere e di qualità di vita la migliore possibile; tutto ciò è realizzabile attraverso la telemedicina, la teleassistenza, l’assistenza domiciliare integrata, le Case e gli ospedali di comunità. In quest’ottica assume rilevanza strategica la medicina di prossimità, che si realizza sul territorio prevenendo per quanto possibile l’ospedalizzazione. Assume, quindi, centralità il ruolo del medico di medicina generale in quanto in possesso di informazioni preziose sui singoli pazienti attraverso le quali il sistema di assistenza territoriale può diventare una realtà di eccellenza».

«Nelle aree interne oltre la metà (52 per cento) delle case di comunità previste col PNRR sarà spoke (contro una media nazionale del 34 per cento) e il 23,3 per cento dei futuri ospedali di comunità sarà realizzato con nuove costruzioni o ampliamenti, in linea con la media nazionale – dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente dell’Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne, Vice Presidente 10ª Commissione permanente del Senato (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) – L’obiettivo centrale degli investimenti del piano nazionale di ripresa e resilienza è costruire una rete di servizi sanitari di prossimità, con ospedali e case della comunità diffuse sul territorio, con punti facili di digitalizzazione, con un ruolo alla telemedicina, alle farmacie dei servizi, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, in modo da non creare fenomeni di digital divide e promuovere  una effettiva equità socio-sanitaria per la popolazione in tutto il paese, tanto nelle città maggiori quanto nelle aree interne marginali, nelle comunità montane e nelle piccole isole».

«Ai circa 13 milioni di italiani che vivono nelle aree interne – spiega il Ministro della Salute, Orazio Schillaci – dobbiamo dare la possibilità di curarsi vicino casa, senza più dover percorrere lunghe distanze, e anche a domicilio. Penso soprattutto agli anziani e ai più vulnerabili, che hanno bisogni sociali, accentuati da una condizione di solitudine, e sanitari legati all’insorgenza di patologie croniche e di comorbilità che vanno intercettati in strutture sanitarie di prossimità. In questo scenario, la realizzazione nelle aree interne del 30 per cento delle case di comunità e di più del 20 per cento degli ospedali di Comunità previsti dal PNRR permetterà di rafforzare anche in queste zone la capacità di risposta del Servizio Sanitario Nazionale. Senza contare che con la rimodulazione del Piano abbiamo aumentato di 250 milioni le risorse destinate all’assistenza domiciliare e di 500 milioni di euro le risorse per la Telemedicina».

«L’Italia purtroppo non è un Paese per la prevenzione, non siamo fatti per prevenire il rischio e non abbiamo una buona cultura nell’approccio con il rischio: ce ne stiamo accorgendo anche in questi giorni guardando la realtà dei Campi Flegrei – dichiara il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci – Naturalmente la complessità della materia richiede un confronto con tutte le amministrazioni dello Stato».