PRESENTATO E PUBBLICATO IL 17° ITALIAN BAROMETER DIABETES REPORT

Secondo Istat, i fattori socio-demografici che aumentano il rischio di sviluppare il diabete sono l’età avanzata – quasi 8 volte tra gli over74 -, il sesso maschile – più 40 per cento di rischio rispetto alle donne di pari età -, vivere al Sud – con una probabilità più alta di circa il 50 per cento

In Italia, secondo le proiezioni Istat se proseguisse il trend in crescita degli ultimi decenni, nel 2040 il dieci per cento della popolazione avrà il diabete

Presentato lo scorso 9 Luglio presso la Sala Zuccari del Senato, nel corso del 17°ltalian Barometer Diabetes Summit, il Report “Dati sul diabete in Italia, una fotografia su una pandemia complessa e in continua evoluzione”.

Il report è scaricabile dal sito dell’IBDO Foundation al link

L’evento realizzato, su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini, in collaborazione con Intergruppo parlamentare obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (IBDO Foundation), Istat, Università di Roma Tor Vergata – Dipartimento Medicina dei Sistemi, Coresearch, Crea Sanità, Bhave, e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk, e vedrà la partecipazione di Istituzioni, società scientifiche ed esperti che si confronteranno sulla portata economica, sociale, clinica e politica del diabete per implementare le politiche sanitarie sul diabete nel nostro Paese.

“Il diabete rappresenta una delle sfide più rilevanti del nostro tempo, trattandosi di una patologia che continua a registrare una costante crescita in tutti gli Stati, soprattutto in quelli a basso e medio reddito. In questo contesto, il Diabetes Barometer Report si conferma un importante strumento per la valutazione e il monitoraggio dell’andamento del diabete di tipo 2 in Italia, fornendo dati preziosi per orientare le nostre politiche e azioni future nella lotta al diabete”, si legge nella prefazione del Report del Ministro della Salute Orazio Schillaci.

In Italia, secondo i dati Istat pubblicati nel Report, sono circa 3,9 milioni le persone che hanno dichiarato di avere il diabete nel 2022, ovvero il 6,6 per cento della popolazione, e le proiezioni indicano che nel 2040 questa percentuale potrebbe arrivare al 10 per cento, se continuasse il trend osservato combinato con il rilevante impatto della dinamica demografica dei prossimi vent’anni.

Secondo le ultime analisi, inoltre, i fattori socio-demografici che aumentano il rischio di sviluppare il diabete sono l’età avanzata, addirittura di quasi 8 volte tra gli over74enni (rispetto ai 45-54enni), il sesso maschile, tanto che gli uomini hanno un rischio maggiore delle donne di circa il 40 per cento a parità di età, vivere al Sud, con una probabilità più alta di circa il 50 per cento rispetto a chi vive al Nord e in comuni con più di 2000 abitanti. Per quanto riguarda, invece, gli aspetti socio-economici il rischio quasi raddoppia tra le persone che al massimo hanno un titolo di licenza media inferiore rispetto a chi è in possesso di almeno una laurea; aumenta di circa il 30 per cento tra chi giudica scarse o insufficienti le risorse economiche della propria famiglia rispetto a chi gode di risorse economiche ottime o adeguate. Infine, emerge la forte associazione con l’obesità, che incrementa il rischio di diabete di oltre il doppio a parità di tutti gli altri fattori considerati, mentre la sedentarietà aumenta tale rischio di circa il 30 per cento.

Il continuo invecchiamento della popolazione porta all’aumento delle malattie che sono frequenti nelle fasi di vita dell’anziano, come quelle cardio-metaboliche che sono spesso la conseguenza di squilibri energetici dovuti a eccessiva nutrizione associata a sedentarietà, che combinati con caratteristiche genetiche, comportamentali, sociali e ambientali portano a sviluppare malattie croniche come obesità, diabete, aterosclerosi, steatosi epatica non alcolica, con conseguente peggioramento della qualità di vita.

“La compresenza di altre malattie croniche, che colpisce oltre tre diabetici su quattro, costituisce un altro importante fattore da considerare nella presa in carico dei pazienti e nella organizzazione dei servizi sanitari che devono rispondere ai bisogni assistenziali di queste persone. Nel Rapporto si sottolinea come convivere con altre malattie, oltre al diabete, ha significative conseguenze sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari”, spiega nell’introduzione dell’IBDO Report il Presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli

«Nel 2022 il numero di anziani multicronici con diabete che hanno espresso un giudizio elevato di soddisfazione per la propria vita è risultato di 5 punti percentuali più basso rispetto a quelli senza diabete (33,6 per cento contro il 38,4 per cento) e di ben oltre 9 punti percentuali rispetto al dato medio generale (42,8 per cento). Anche se la minor soddisfazione degli anziani con diabete accomuna tutte le aree del Paese, è stato riscontrato un divario evidente tra i residenti nel Mezzogiorno e quelli del Nord, tanto che solo il 26,4 per cento degli anziani multicronici con diabete residente al Sud e il 28,5 per cento residente nelle Isole esprime un’elevata soddisfazione per la vita nel complesso rispetto al 41,1 per cento residente nel Nord-ovest e il 44,7 per cento residente nel Nord-est con gli stessi problemi», sottolinea Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, Istat.

«Le malattie croniche, come il diabete, hanno conseguenze non solo sulle condizioni di salute, ma anche su altri ambiti della vita quotidiana, su aspetti sociali, economici e relazionali degli individui. Infatti, come mostrano i dati dell’Istat, i livelli di soddisfazione per la qualità della vita sono fortemente influenzati dalla presenza del diabete, soprattutto quando combinato con altre malattie croniche», commenta Paolo Sbraccia, Presidente dell’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, che aggiunge «l’IBDO Foundation promuove da sempre la raccolta e la condivisione di importanti informazioni sull’entità del fardello rappresentato dal diabete, fondamentali per dimostrare l’impatto di sforzi ed approcci diversi finalizzati alla riduzione dell’incidenza del diabete, alla diagnosi precoce della malattia e al suo trattamento efficace e contribuire così alla ricerca di soluzioni per frenare la progressione dell’incidenza di questa malattia che, nell’arco di due decadi, si è triplicata».

«Delle quasi 4 milioni di persone con diabete, 2 su 3 hanno più di 65 anni. Parliamo di persone spesso fragili, con altre malattie croniche e un rischio più elevato di comorbilità, che assumono quotidianamente diversi farmaci, il che rende più complesso il percorso assistenziale e terapeutico con rischio di frammentazione e ridondanze. Possiamo e dobbiamo comunque ambire al buon controllo glicemico e dei diversi fattori di rischio cardiovascolare anche per queste persone per ridurre le complicanze e le ospedalizzazioni. Il modo migliore per raggiungere buoni risultati è quello di personalizzare e, soprattutto, semplificare il più possibile i percorsi di presa in cura e di trattamento, per migliorare l’assistenza, l’aderenza terapeutica e la qualità di vita delle persone con diabete e multi-cronicità. Per fortuna questo è oggi possibile grazie al progresso tecnologico e farmacologico che permette non solo di trattare meglio le persone ma sviluppare anche dei modelli organizzativi volti a ridurre la frammentarietà dei percorsi», spiega Riccardo Candido, Presidente Amd – Associazione Medici Diabetologi e Presidente FeSdi – Federazione delle Società Diabetologiche Italiane.

«Il paziente anziano frequentemente svolge poca attività fisica e non segue un’alimentazione equilibrata, il che può portare a un incremento del peso corporeo che, come noto, rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza del diabete, oltre al naturale invecchiamento. Negli ultimi anni ci si sta rendendo conto anche dell’impatto dell’ambiente e dei cambiamenti climatici nell’insorgenza di malattie croniche non trasmissibili, quali diabete, obesità e tumori e nel peggioramento del controllo metabolico del diabete, un legame che richiede una maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni e da tutti gli attori del settore sanitario», continua Angelo Avogaro, Presidente Sid – Società Italiana di Diabetologia.

“Sebbene molto sia stato fatto negli ultimi anni, ad oggi, in Italia, ancora si rileva disparità tra le varie regioni e territori per quanto riguarda i programmi di prevenzione, l’educazione ad uno stile di vita sano, la protezione dai fattori di rischio, l’informazione, l’accesso alle cure e l’utilizzo delle tecnologie, come, ad esempio, la telemedicina, i sistemi digitali per il monitoraggio del glucosio e i sistemi innovativi per la somministrazione dell’insulina”, scrive nella prefazione del report il Rettore Università di Roma Tor Vergata Nathan Levialdi Ghiron.

«È necessario affrontare in maniera più efficiente e strutturata un’emergenza di salute pubblica, quale è il diabete, creando organismi che siano in grado di coordinare tutti i soggetti e i settori impegnati nell’educazione sanitaria, dal mondo dell’istruzione e dell’alfabetizzazione ai mezzi di comunicazione di massa, organizzando campagne di prevenzione e di sensibilizzazione su tutto il territorio nazionale. Al tempo stesso, i centri di diabetologia esistenti sono da potenziare integrandoli all’interno di un’autentica rete di medicina territoriale in grado curare e prendersi cura delle persone con diabete nella maniera più efficace attraverso la diagnostica, terapie più innovative, telemedicina e un accesso uniforme alle cure e ai trattamenti su tutto il territorio nazionale», dice l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e malattie croniche non trasmissibili e Vicepresidente Vicario di Anci. «Il coinvolgimento dei territori e dei decisori locali e l’implementazione degli strumenti di telemedicina rappresentano elementi chiave che consentiranno una presa in carico più efficace del paziente e, prima ancora, di “prenderci cura” del cittadino, della sua qualità di vita e del suo benessere. Una prossimità che sia in grado di valorizzare in misura crescente la relazione medico-paziente, essenziale per la cura delle persone più fragili e vulnerabili», aggiunge la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e malattie croniche non trasmissibili, Vicepresidente della 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato.

«L’obiettivo di Novo Nordisk è di portare un cambiamento concreto nella cura del diabete e già da diversi anni siamo impegnati nel trovare soluzioni innovative in grado di semplificare il trattamento e migliorare la qualità della vita delle persone e, al contempo, ridurre l’impatto ambientale dei nostri prodotti», dichiara Marco Salvini, Senior Director External Affairs di Novo Nordisk Italia. «Siamo sempre molto favorevoli a momenti di confronto come il Diabetes Forum annuale e ringraziamo l’IBDO Foundation per il suo continuo impegno nella lotta contro il diabete, consapevoli che tutti gli stakeholder, comprese le aziende, possano dare un importante contributo nella lotta, cura e prevenzione del diabete e delle malattie croniche non trasmissibili».